Responsabilità Sociale: che si condivida o meno va sicuramente attuata.
Il momento è delicato ed incerto.
Attiviamoci tutti verso un obiettivo comune: contenimento e conseguente disattivazione totale di COVID19 così da ripartire tutti alla grande. Società civile ed Imprenditoria. Siamo messi alla prova ma stiamo imparando tanto (almeno tanti di noi
Sia chiaro sin da subito, questa riflessione non nasce da me, ma dato che ho trascorso una breve parte della mia vita nel corpo militare più prestigioso, più amato e più odiato del mondo, non ho potuto non leggerla e, dato il suo significato così importante, farla mia e condividerla.
CHI PIEGA IL TUO PARACADUTE?
Charles Plum era un pilota di bombardieri durante la guerra del Vietnam.
Un giorno, dopo molte missioni, il suo aereo venne colpito da un missile. Plum si gettò col paracadute, venne catturato e trascorse sei anni in una prigione nord-vietnamita. Al suo ritorno negli Stati Uniti iniziò e tenere conferenze sulla sua odissea raccontando quello che aveva imparato durante la prigionia.
Un giorno, in un ristorante, si avvicinò uno sconosciuto.
- Buon giorno. Lei è Charles Plum, il pilota abbattuto da un missile in Vietnam, giusto?
- E lei come lo sa? - chiese Plum.
- Perchè ero io che piegavo e controllavo il suo paracadute. Ha funzionato bene, vero?
Plum era sopraffatto dalla sorpresa e dalla gratitudine.
- Naturalmente. Se non avesse funzionato, oggi non sarei qui.
Quella notte, Plumb non dormì. Continuava a ripetersi: " Quante volte l'ho incontrato sulla portaerei e non gli ho mai rivolto la parola. Io ero un arrogante pilota e lui un marinaio qualunque. Eppure, ogni volta che piegava il mio paracadute e controllava le corde e le chiusure, aveva in mano la vita di qualcuno che nemmeno conosceva".
Da quella volta, Plum inizia le sue conferenze chiedendo: " Chi piega il vostro paracadute?".
Tutti abbiamo qualcuno grazie al cui lavoro possiamo fare il nostro. A volte, in mezzo alle sfide che la vita ci presenta ogni giorno, perdiamo di vista le cose importanti. Ci dimentichiamo di salutare, di ringraziare, di congratularci o semplicemente di dire una parola gentile.
Oggi, cerca di ricordarti chi è che piega il tuo paracadute e ringrazialo.
Stamane mi sono scambiato alcuni messaggi con un nuovo potenziale cliente dubaino. Nell’era del Social Network è quasi tutto molto più facile e veloce, con i suoi pro e contro. Il primo contatto è immediato, addirittura quasi senza filtri. sono convinto che più andremo avanti più il rischio di perdere in formalità sarà maggiore. Se prima era più difficile stabilire e mantenere un contatto estero, oggi è sufficiente scrollare e cercare qualcun altro. Non franintendermi, non voglio fare il bacchettone ma sono convinto che un pizzico di formalità vada a braccetto anche con il rispetto. Ma sto divagando.
Il punto è che il dubaino da “buyer” si è trasformato in “seller”, ha acquisito una fabbrica in India ed ora produce mobili in stile classico. Intarsi in essenza, madreperla, pietre, metalli etc. Non che sia un problmea insormontabile ma praticamente quello che sappiamo fare noi. Tecnicamente eseguiti a regola d’arte ma davvero miseri stilisticamente. Ora, il problema dov’è? Uno dei mercati di riferimento si sta trasformando in un “produttore-rivenditore” che cerca a sua volta nuovi clienti. In Occidente si ma sopratutto in Oriente. Segnale davvero forte a mio avviso. "Ora non abbiamo più bisogno di voi" mi è stato detto!
Qs scambio di messaggi mi ha fatto però ricordare i miei primi viaggi di lavoro. Forse uno dei primissimi a 12-13 anni con mio padre, Napoli in giornata in aereo. Ricordo due cose: l’atmosfera con gli odori dei negozi dei ns clienti di allora ed una scena in un ristorante, dove alla richiesta di mio padre di volere del pesce, per tutta risposta il cameriere tornò con un acquario su una carrello per farci scegliere la ns pietanza. Rimasi abbastanza scioccato, sai?
Successivamente i viaggi si intensificarono, Venezia, Roma (ragazzi non potete immaginare cosa voglia dire girare Roma a piedi con mio padre, un bersagliere!), Firenze, Lecce, Bari, Trani, Taranto...nel corso degli anni però l’attrazione all’estero era forte, grazie anche ai ricordi e ai racconti di mio padre con americani e canadesi che giravano per casa o addirittura medio orientali che arrivavano con macchinoni enormi con diverse persone al seguito e che volevano sempre mobili di grandi dimensioni, per lo più in erable colorato. Che roba ragazzi, portavano anche dei doni e “noi” li chiamavano semplicemente tutti “arabi”.
La mia prima esperienza diretta con l’estero fu a 17/18 anni, Parigi Rue Faubourg Saint Honorè. Forse il primo cliente che scovai personalmente. Quella strada me la ricordo ancora: bellissima, elegante, soffusa e a tratti ammaliatrice nella sua accennata decadenza. Internet andava a 56k, la liretta andava cambiata e gli appuntamenti erano presi approssimativamente via fax ed al telefono. Era l’era del marciapiede, del visitare i grandi negozi, del chiedere del titolare e mostrare i propri disegni e progetti ed instaurare così un nuovo rapporto.
Anche quella volta rimasi colpito positivamente, ricordo quel signore distinto che mi accolse simpaticamente, sfogliò le mie fotografie e cominciò a stilare una lista. Alla fine prese un blocchetto degli assegni, mi guardò e mi disse: “regardons le total”. Che figata questo “estero”, mi pagano ancor prima di produrre i mobili!
Un paio di anni dopo cominciai con le fiere, Parigi e Londra, Birmingham senza dimenticare Milano anche se poi fummo costretti ad abbandonare il Salone.
Successi, errori e qualche batosta si sono succeduti negli anni, nuovi progetti, nuovi clienti mantenendo l’entusiasmo nel lavoro, nella cultura del Made in Italy, nel fatto-a-mano e concepito interamente in un piccolo laboratorio. Tutto affiancando un Padre artista,più artista che imprenditore-artigiano, con grandi visioni artistiche ma paradossalmente i piedi (a volte davvero troppo) piantati per terra.
Nel frattempo gli anni son passati, mi son sempre interessato di marketing, digital, 1.0,2.0 etc, ho voluto formarmi costantemente anche grazie al Gruppo Giovani Imprenditori di Bergamo, cercando sempre il confronto e mantenendo la condivisione con chi ne ha sempre saputo più di me, imprenditori senior o colleghi che fossero.
Ho trovato anche il modo di accostare le motociclette all’ebanisteria e al mobile d’Arte togliendomi qualche soddisfazione, non lo nego, sia in italia che oltreoceano.
Nei momenti duri ho deciso di spingere ancora sul gas, i primi “piccoli-grandi” contract in medio oriente, le fiere negli Emirati, i contatti ripresi in Arabia Saudita, in Qatar, testa alta e petto in fuori, nonostante tutto, nonostante i problemi quotidiani che all’esterno non si doveva lasciar trapelare perché...perché semplicemente “non si può e non si fa!”.
Da 26 mesi a questa parte le cose sono un po’ cambiate, oggi faccio il manager (o meglio, lo sono diventato) in una società di servizi che si sta strutturando sempre più. Faccio il manager grazie alla visione di un imprenditore che ha scommesso su di me e che ha trovato il modo di farmi mettere a sistema l’esperienza maturata “in trincea”. Gratificante e stimolante.
Certo, mi manca un sacco il laboratorio mio e quelli dei miei partner ma ho trovato da subito il modo di costruire ancora “squadre” di lavoro e di convergere forze verso obiettivi comuni. Di sicuro lo sto facendo un po’ meglio di prima.
Chiudo sto pippone di fine anno collegandomi a quanto scrissi a fine 2017... usando la stessa metafora motoristica oggi posso dire che il mio V8 ha nuove camice nei cilindri e pistoni performanti, il volumetrico è stato revisionato ed è tornato a spingere che è una bellezza. Certo, c’è da dare ancora una sistemata all’impianto di raffreddamento ed una rinfrescata alla carrozzeria ma nel complesso sono in pista e non mollo sicuramente il pedale del gas.
2020 sono lanciato, ci vediamo in circuito.
Ho scritto la mia riflessione di fine anno, ancora una volta l'ho sentito come una sorta di dovere dettato da non so che, ma che comunque in qualche modo aiuta. Bhe, la terrò li tra i miei scritti ed appunti, sparsi un po’ dappertutto.
Ho appena letto una intervista a Maurizio Lombardi che mi ha ispirato, il mio augurio voglio farlo così, con una riflessione a prima vista semplice ma sempre molto difficile da attuare.
Buon Anno!
Nel 2008 partecipai per la prima volta come espositore a Motor Bike Expo, evento che in pochissimi anni si è trasformato davvero nell'appuntamento più importante a livello internazionale in fatto di Custom&Co.
Nel corso degli anni ho partecipato diverse volte con i miei mobili Kustom oppure come partner di grandi costruttori di motociclette speciali, in primis del caro amico Samu di AbnormalCycles con diversi interventi di ebanisteria Kustom, calcando con puro orgoglio artigiano palchi importanti.
Il 17/01 aprirà l'11° edizione di Motor Bike Expo e ancora una volta non mancherò, con grande emozione anzi con una grande novità: il giorno 18/01 in Sala Puccini del quartiere fieristico di Verona sarà proiettato "Festa Bikers il Docufilm", lungometraggio che ho ideato e realizzato con i giovani Joao Lucas Baccaro e Mattia Cesaria per raccontare le vicende dell'Associazione Bikers Cologno al Serio.
Di seguito il comunicato dell'Ufficio Stampa di Motor Bike Expo.
Ci si vede a Verona!
Festa Bikers, il Docufilm
Ogni anno richiamano 50.000 visitatori e 4.500 moto, hanno già devoluto in beneficienza oltre 410.000 Euro. Ora la loro passione per la moto ed il loro impegno nella solidarietà sono anche un film. Parliamo dell’Associazione Bikers Cologno al Serio (BG) che da ventUNO anni, ad agosto, organizza “Festa Bikers”, motoraduno a scopo benefico: il ricavato netto della manifestazione viene infatti destinato a chi ha più bisogno.
Motor Bike Expo 2019 ospiterà la presentazione di "Festa Bikers, il Docufilm", progetto ideato e diretto da Davide Aresi. L’opera nasce dalla voglia di raccontare non l'evento in sé ma le persone che contribuiscono a renderlo tale e le loro personali storie.
Appare così un percorso di associazionismo no profit lungo venti anni, costruito da un gruppo di Bikers che in questo cammino coinvolge centinaia di volontari; ogni anno queste persone (circa 300) dedicano il loro tempo ed il loro operato alla buona riuscita dell'evento stesso.
Volontari, imprenditori locali, kustomizer di fama internazionale che da anni supportano e “vivono” l'evento intrecciano nel lungometraggio le loro testimonianze con quelle dei membri dell'associazione.
L’intento di Aresi è raccontare questo percorso, costruito da uomini e donne bikers legati da un profondo ideale e da una forte passione per le motociclette per far si che altri volontari possano unirsi (divertendosi) al progetto per supportare l’operato di Festa Bikers.
Questo quadro ha sempre fatto parte della mia vita, lo ricordo da sempre.
L’avrò osservato centinaia di volte, attraversando la galleria che porta al nostro laboratorio.
Faceva parte della collezione privata di mio padre, opera importante nel significato ma anche nelle misure (cm 260x135), realizzata a cavallo del 1975 e 1977.
Ricordo anche chiaramente la sua espressione riflessiva ma serena nel momento in cui gli chiedevo cosa l’avesse ispirato nel realizzarlo ma soprattutto la sua interpretazione in merito. E chi conosce Mario Aresi conosce anche questo suo lato ermetico-eclettico, pertanto anche le sue esposizioni verbali vanno interpretate a loro volta. Ma questa è una altra storia.
Ricordo inoltre anche i suoi decisi no di fronte alle richieste di alcuni clienti che in diverse occasioni manifestarono interesse nell’acquisto di questo quadro.
Ora ripensandoci, mi vien da sorridere. Sembra quasi che sapesse da sempre quale sarebbe stato il suo destino, magari non conoscendo l’esatto posto in cui sarebbe stato ricollocato ma sicuramente il grande significato dello stesso.
L’animo dell’artista è imprevedibile, la sua coerenza sempre esemplare e quando il desiderio e l’idea si manifestano nulla lo può fermare.
Non nascondo che ora ha una serenità in volto davvero visibile ed in un certo modo lo vedo anche appagato e di questo ne sono felice.
”Portatore di pace“ è da ieri 21/12/2018 nel reparto di Ematologia Oncologica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dono di Mario Aresi all’operato dei medici che ogni giorno operano in questa struttura.
Di seguito il significato dell’opera:
PORTATORE DI PACE
Durante la mia esperienza di artista ho sempre subito il fascino e tratto ispirazione dal lavoro dell’Uomo, sia in campo umanistico sia in campo medico che di ricerca. Nel corso degli anni ho dedicato diversi miei soggetti ed interpretazioni a queste applicazioni, mai dimenticando il significato più alto dato della Vita e della ricerca interiore che ogni essere umano è tenuto ad affrontare, prima o poi.
Ricerca che sia medica, scientifica o spirituale è sempre viaggio.
Questi viaggi, nei miei quadri, sono sempre accompagnati da un sole rosso che indica la Vita e l’amore che bisogna perseguire, per il proprio lavoro, per la persona che ci accompagnerà in questo viaggio ma soprattutto per la Vita stessa.
Ho realizzato “Portatore di Pace” negli anni a cavallo tra il 1975 ed il 1977.
Un personaggio solitario che attraversa una pianura deserta, scalzo ma dall’incedere sicuro e sereno in volto. Nel suo percorso si trova diviso da una scacchiera con missili pronti al lancio da una parte, mentre dall’altra un gruppo di figure che incarnano saggi, pensatori, politici, filosofi alla ricerca della soluzione a quello che potrebbe essere un nuovo conflitto mondiale. Un gruppo di uomini potenti, coperti da tuniche, con strumenti del sapere alla mano ma visti di spalle, quasi come vogliano nascondersi al futuro.
Il Portatore di Pace invece, forte dell’istinto e della sua fede, avanza sereno con alle spalle un sole che è sì velato ma che lascia intravedere il rosso prepotente della sua forza pura.
Sullo sfondo, oltre ad altri due pianeti, un omaggio all’Unicef, organo dell’Onu con il compito di tutelare i diritti di bambine e bambini di tutto il mondo, il Futuro appunto.
Mai come oggi viviamo una epoca difficile dove il Mondo e tutti i suoi abitanti sono entrati nelle nostre case, nel bene e nel male.
Una epoca che però ha davvero bisogno di Pace e sta solo a noi Uomini infonderla.
Questo è il mio pensiero, il mio tributo ottimista ed il mio testamento artistico per un Futuro migliore.
Questa mia opera , una tarsia lignea realizzata a mano, misura mt 2.50x1.30 ed è stata eseguita in esemplare unico e con diverse essenze lignee naturali, quali noce, radica di noce, piuma di mogano, bois de rose, radica di california, citronnie, bosso ed altre essenze esotiche.
Bergamo, 22/12/2018 Mario Aresi
A volte mi sorprendo a pensare a mio padre, mi chiedo cosa sognasse da giovane e se sogna ancora oggi. Malediro il momento in cui non potrò più chiederglielo di persona...oppure se mia madre si possa ritenere soddisfatta della vita che ha vissuto e che sta vivendo...paradossale e stupido di come certi pensieri si possano affidare al vuoto e non alle persone interessate.
Penso al vento caldo d’estate che ormai a quest’ora non soffia quasi più e al profumo di fieno appena tagliato nei campi, quello forte che quando sei in moto al tramonto ti convince a fermarti sul ciglio della strada per riempirti i polmoni e concedere alla tua mente, per pochi attimi, di perdersi libera nel rosso del sole.
Mattinata importante quella del 20/08/2018, siamo stati convocati in Regione Lombardia per l’ufficializzazione del Patrocinio dell'evento Festa Bikers dove collaboro da anni con grande entusiasmo!
Con noi Aurora Minetti in rappresentanza dell’ Associazione Cure Palliative Onlus, nostri grandi amici e partner. Un grande grazie da parte nostra all’Assessore Lara Magoni e al dott Giovanni Malanchini, Consigliere Segretario dell’ Ufficio di Presidenza di Regione per credere fortemente nell’operato di Festa Bikers! #21festabikers
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